Si dice che gridare Riso, patate e cozze (la foto in copertina è opera di Alessandro Denoia ) per tre volte, trattenendo il respiro e con gli occhi chiusi, porti molta fortuna. Provare per credere!

Vi sentiamo fin da qui, ci dispiace deludervi, ma ovviamente scherzavamo. La verità è che la tipica pietanza della cucina barese è diventato quasi un mantra, una ricetta ben custodita da cuochi e massaie, che ha il potere di rendere felici. Scettici? Noi vi raccontiamo cinque aneddoti sulla storia della Tiella Barese, sta a voi poi mettervi comodi a tavola. Buona lettura!

  1. Vito Signorile, noto attore in vernacolo barese, dice che non vi è altra pietanza come la Tiella barese, o “Riso patate e cozze”, per misurare la maestria del cuoco. Continua Signorile: “Naturalmente è necessario che tutti gli ingredienti siano di primo ordine : cozze di luna piena, patate pasta gialla, riso di buona resistenza alla cottura, olio di frantoio e mano d’oro nella preparazione. Se si aggiunge un forno a legna, si può invitare anche sua maestà il Re e la sua consorte.” Questo per spiegarvi quanto la preparazione di questo piatto sia per i baresi una cosa da prendere sul serio.
  2. Le origini di questo piatto sono figlie della tradizione contadina, poiché rappresentava un piatto efficace per sfamare una famiglia di ritorno dai campi, con la possibilità di cucinarlo già dalla sera prima. La preparazione era compito delle madri, spettava loro raccattare verdure fresche o d’avanzo, per adagiarle dentro un tegame di terracotta, detto appunto “Tiella”, insieme a riso e patate per aumentare l’apporto energetico e nutrizionale del piatto.
  3. Facile fare un paragone con la “paella” spagnola, le origini contadine sono simili, senza tralasciare l’influenza borbonica che Bari e la Puglia tutta hanno avuto per secoli. La ricetta dalle campagne viaggiò fino alla costa incontrando il gusto della cultura marittima, cosicché furono introdotte le cozze. Soprattutto a Taranto, che per anni è stata la maggior produttrice di cozze e ostriche al mondo, con la sua esperienza millenaria di attività di mitilicoltura.
  4. Ma quando è nata la “Tiella barese”? Proviamo a dare due numeri. Il riso, che in questo caso deve essere rigorosamente “giallo”, è arrivato si in Europa per merito degli Arabi, ma per il suo utilizzo in Puglia, dobbiamo dare il merito all’influenza spagnola nel Sud Italia, del ‘500. Considerando che patate, cipolle e pomodori sono giunti sulle tavole dei nostri avi con la scoperta dell’America e che per molti anni sono state coltivate dalle famiglie nobili come piante ornamentali, possiamo ipotizzare che le prime varianti della Tiella Barese, siano comparse all’inizio del XVIII secolo.
  5. Ed infine, la ricetta! Abbiamo scelto quella consigliata dall’IRCCS – Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “Saverio De Bellis” – Castellana Grotte (Bari), perché , giusto ricordarlo, è buono solo se fa anche bene.
    Ingredienti :
    200 g di riso
    240 g di patate
    200 g di cozze
    80 g di pomodori pelati
    80 g di cipolla rossa di Acquaviva delle Fonti
    40 g di olio extra vergine d’oliva
    20 g di pecorino grattugiato
    Prezzemolo, sale e pepe q.b.
    Prendete una teglia piuttosto alta, ungetela d’olio d’oliva e disponete a strati gli ingredienti: Sul fondo le patate, cipolla affettata sottile, un filo d’olio, poi 2/3 del riso condito, le cozze con la parte aperta rivolta verso l’alto, il riso rimasto,un filo d’olio d’oliva e per ultime le restanti patate. Coprire con qualche pomodoro pelato e condire con olio d’oliva. Conviene essere prudenti col sale per via delle cozze. Cuocere in forno già caldo a 200-220°C per circa 1 ora.

9 commenti

    1. Autore

      Detto da un uomo di mondo come te, che ha conosciuto la cucina di tutti i continenti, vale ancora di più

  1. Buongiorno Candido. Mi presento, sono l’organizzatore sin dal 2013 della Giornata mondiale della tiella di riso patate e cozze, nonché studioso di cucina e giornalista per alcune testate nazionali, oltre che barese doc. Purtroppo e con tutto il garbo possibile devo dirti che la ricetta da te postata è completamente sbagliata nei dosaggi e squilibrata negli ingredienti, che sono, come nell’indicazione del riso giallo (parboiled) e della cipolla d’Acquaviva, decisamente fuorvianti rispetto alla tradizione. Vorrai scusare queste mie precisazioni, ma ritengo che l’argomento cucina sia importante quanto tanti altri e non vada trattato “per sentito dire” ma piuttosto dopo un attento studio della tradizione, che nel tuo articolo è, purtroppo, assente

    1. Buongiorno Sig. Romano. Lei non ha bisogno di presentazioni, conosco benissimo e rispetto la sua opera. Colgo l’occasione per complimentarmi per il successo della manifestazione “Sindaci ai fornelli”. Mi creda, è un onore averla qui. Mi permetta solo qualche precisazione al suo commento, solo per difendere il mio operato. Dietro ogni post che porta il mio nome, che sia un articolo, un’intervista o una breve didascalia su instagram, c’è un approccio gastrosofico all’argomento “cucina”. Niente è trattato per sentito dire, nulla è riportato se non dopo uno studio e un confronto di testi e fonti, come il Professor Revelli Sorini insegna. Le dirò di più, l’articolo in questione è stato discusso con il professor Davide Mondin, docente di Alma – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Per la ricetta, come specificato nell’articolo, si è scelto di indicare quella proposta dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “Saverio De Bellis” , in collaborazione con il Ministero della Salute e la Regione Puglia, perché ne condivido i valori nutrizionali per porzione. Detto ciò, le propongo un’intervista : avere delle sue dichiarazioni in merito, sarà un motivo di crescita personale e per i lettori di “La Ricerca del Gusto”.
      Cordialmente
      Candido Marinelli

      1. Gentilissimo Candido, la ringrazio per i complimenti e sono felice del fatto che abbia già avuto modo di conoscermi. Se mi sono permesso di dire della ricetta sbagliata è perché tengo moltissimo alla divulgazione della cucina tradizionale, e se le dico che l’argomento è stato trattato “per sentito dire” non è per essere spocchioso ma per ragioni bel precise che vado a spiegarle entrando nei particolari. E’ impossibile fare la tiella con quelle dosi di riso e patate. Con 240 gr di patate non ci riuscirà mai, a meno che non faccia una monoporzione. Ma, in quel caso, 200 gr di riso non vanno bene perché sarebbero sono più che sufficienti per 1kg (anche 1,5Kg) di patate e non per quel minimo quantitativo. E questo è ciò che riguarda lo squilibrio degli ingredienti. Sul procedimento andiamo ancor peggio. Il riso deve essere messo solo all’interno delle cozze e deve essere una spolverata, quindi non in un doppio strato. Inoltre in quelle proporzioni verrebbe un “mappazzone”, perché il riso si gonfia in cottura. Se poi consideriamo la ricetta così com’è scritta siamo anche troppo scarsi di cozze. Non finisce qui, però. Il riso da usare deve essere un superfino – si consiglia Arborio o Carnaroli – perché hanno chicco grande e ottima capacità di assorbimento, cosa che, invece, è assente nel parboiled, che è un riso pretrattato a vapore e che, a fronte di una tenuta in cottura, diventa però impermeabile ai sapori. Si menziona, inoltre, un filo d’olio e non va bene. Di olio se ne usa tanto, ogni strato va irrorato abbondantemente. Il pecorino romano è menzionato tra gli ingredienti ma la ricetta non spiega come e quando metterlo, così come ingredienti importanti come aglio, cipolla, prezzemolo e pepe. Come cipolla è indicata quella di Acquaviva. Non ci sta male anche se è troppo dolce, però il vero problema è che quella di Acquaviva ha una stagionalità brevissima, al massimo un paio di mesi estivi. Molto più corretto indicare la cipolla bianca. Manca anche la dose di sale, importante per non sbagliare la sapidità del piatto, ma quella è una dimenticanza – diciamo così – marginale. Si parla di prudenza nel salare, ma che significa? E poi manca il più importante tra tutti gli ingredienti, quello che regola la cottura e fa “maritare” il tutto, cioè l’acqua. Saltare il passaggio dell’acqua significa consegnare ai lettori una ricetta assolutamente improponibile. Per questi motivi e per il mio impegno nella corretta divulgazione della cucina tradizionale, mi sono permesso di segnalare che la ricetta è proprio totalmente sbagliata e il fatto che sia stata proposta dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “Saverio De Bellis” in collaborazione con il ministero della Salute e la Regione Puglia, mi fa ancora più specie, perché dimostra come, spesso, questi argomenti siano trattati anche da questi organismi “per sentito dire” e da persone che non ne hanno le competenze. Che poi sia stato avallato dal docente di Alma, poi, dimostra come sia il docente sia il redattore della ricetta non l’abbiano mai eseguita in vita loro, perché è evidente che non la conoscono proprio. Cosa che potrà essere confermata da chiunque abbia un minimo di esperienza nella preparazione di questo straordinario piatto della nostra cucina, che merita – appunto – di essere conosciuto ma nella sua preparazione vera. Se poi, il redattore della ricetta dell’istituto e il prof, Davide Mondin ritengono di essere nel giusto, propongo di fargliela preparare con quei dosaggi e quel procedimento e di filmarne il risultato. Se, invece, volete davvero conoscere i veri passaggi della tiella, vi fornisco la ricetta vera, anch’essa certificata dalla Regione Puglia e dall’Associazione Cuochi Baresi e curata da me, personalmente. Eccola: https://www.regionepuglia.org/tiella-di-riso-patate-cozze/
        Consideri che, comunque, anche su questa ci possono essere delle varianti personali, ma non gli errori fatti dall’Istituto De Bellis e avallati da Alma.

        Perdoni se mi sono dilungato, ci tenevo a che il mio intervento non fosse considerato denigratorio e per questo ho preferito motivarle tutto. Sono felice, invece, che segua l’approccio gastrosofico come piace al mio carissimo amico Alex, persona di grande competenza e professionista di alto profilo. Rimango a disposizione per l’intervista, se vuole mi contatti sulla mail e le darò il mio recapito telefonico. Grazie per l’attenzione

        1. Autore

          Il progetto “La Ricerca del Gusto” ha nella curiosità e la rivalutazione dei cibi di ogni paese, una delle sue caratteristiche portanti. Siamo dell’idea che educarsi al buono dia valore alla propria “tradizione”. La ringrazio Sig. Romano, il suo intervento è giunto inaspettato, ma non le nascondo che ci ha riempito di orgoglio. Lei ci ha dimostrato che in un periodo storico in cui chiunque può esprimere un parere su un cibo, un ristorante o un vino e consegnarlo al web è indispensabile continuare ad approfondire per poter esprimere un giudizio gastronomico credibile. La ringrazio anche per aver accettato il mio invito, spero che con l’intervista possa rimediare ad alcune mancanze del mio articolo.

        2. Esattamente come scrive lei, inoltre, bisogna ricordare, che il riso va bagnato, onde evitare l’effetto mappazza, e non vedo l’utilizzo dell’acqua di risulta delle cozze, nella ricetta è fondamentale

  2. Sono d’accordo con il Sig. Romano, a mio parere e in base alla mia esperienza le dosi sono inappropriate e il procedimento è approssimativo, ho l’ impressione che non si voglia svelare il segreto della riuscita del piatto.
    Oltretutto è giusto che sia così.

    1. Autore

      La magia della cucina tradizionale è anche questa ! Ogni casa, ogni mamma, ogni nonna ha i suoi piccoli/grandi segreti. Ci piacerebbe molto conoscere la sua versione, signora Antonella. Ci contatti, siamo anche su Facebook ed Instagram !

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