Per conoscere a pieno un luogo, assaggia i suoi cibi tradizionali. Assaggiare il cibo di una nuova città, significa toccare con mano la cultura, la storia e il carattere di un popolo. Di questo e di molto altro abbiamo chiacchierato con Simona Petruzzellis, blogger di Masticanuvole , buongustaia dalla penna entusiasmante e sognatrice incallita. Simona ci ha raccontato di come la celiachia non le ha impedito di conoscere le radici culinarie dei tanti posti che ha visitato e di come, con un’attenta programmazione, si può rendere il viaggio più sicuro e piacevole. Le belle foto correlate a quest’intervista, sono le sue. Vi consiglio di seguire anche il suo profilo instagram : Masticanuvole. Buona Lettura!
Candido Marinelli:- Ciao Simona, grazie per aver accettato il nostro invito. Prima di passare all’argomento “clou” dell’intervista, ti va di parlarci un po’ di te e del tuo blog “Masticanuvole” ?
Simona Petruzzellis:- Ho iniziato a scrivere di viaggi, la mia grande passione, circa 5 anni fa e da questa avventura è nato anche il mio attuale lavoro: infatti, da ex microbiologa farmaceutica, mi sono specializzata in social media marketing e ora lavoro nel mondo digitale. Il mio blog ha subìto, come me, tantissime trasformazioni durante questi anni fino a quest’ultimo periodo nel quale ho iniziato un percorso di vita un po’ particolare dove, oltre a fare attività fisica regolarmente, pratico yoga, meditazione e sto continuando ad approfondire tutti quei temi legati al benessere tra cui alcune discipline olistiche come l’ayurveda, la fitoterapia, l’alimentazione naturale. Quindi il mio blog è necessariamente cambiato per abbracciare questo mio nuovo modo di essere e di viaggiare, sempre alla ricerca del benessere. Perché Masticanuvole? Cercavo un nome che evocasse leggerezza ma che ricordasse un pochino anche il mondo delle favole perché nella vita ci vuole sempre un pizzico di magia.
C.M. :- Nel tuo blog, “Masticanuvole” , non propriamente un foodblog, capita spesso di leggere di prodotti tipici, streetfood e cibi scoperti viaggiando. Qual è il tuo rapporto con il cibo?
S.P.:- Domanda interessante perché credo fortemente che il benessere venga soprattutto dal cibo: se non ci alimentiamo bene non viviamo bene e siamo più soggetti ad andare incontro a svariate patologie. Il cibo è una cura, per il corpo e per l’anima, perché mangiare è un piacere per i 5 sensi ed è un gesto che spesso facciamo senza pensare troppo, magari immersi in discussioni o mentre guardiamo la televisione o, peggio, il cellulare. Bisogna imparare a riscoprire il piacere del cibo, fare caso a dove proviene, cucinarlo in modo sano, assaporarlo distinguendo ingredienti, sapori e consistenze. Il cibo è un’arte e dobbiamo imparare a celebrarlo, non solo quando siamo al ristorante. Sono una grande sostenitrice del cibo locale e a km 0 che non è solo una scelta di vita etica ma diventa fondamentale per il nostro organismo perché i cibi locali, ovvero prodotti e coltivati nella zona in cui viviamo, sono molto più vitali e nutrienti degli stessi comperati presso la grande distribuzione perché hanno subito meno trasformazioni. Sono, quindi, più ricchi di nutrienti ma anche di una memoria biodinamica che tiene conto del clima, del momento della raccolta, della tipologia di terreno e di molti altri fattori. Pensiamo, ad esempio, alla produzione del vino e alla sua magia fatta di attenzione, pazienza, mani che lavorano: tutto per creare un piccolo capolavoro in bottiglia. Inoltre c’è il senso di appartenenza: chi non riconoscerebbe da lontano il profumo di un piatto, una specialità della propria terra? Io che vivo nel nord Italia penso subito al profumo del risotto con i funghi raccolti nella valle del Ticino, un ricordo d’infanzia ancora forte nella mia mente, talmente forte che, se ci penso, mi sembra di sentire proprio ora quell’aroma inebriante avvolgermi.
C.M.:- Cosa possiamo consigliare a chi, come te, soffre di allergie e intolleranze alimentari, ma che per lavoro e passione, viaggia spesso?
S.P.:- Essendo celiaca non posso assolutamente mangiare cibi che contengono farina o che ne possano essere stati contaminati quindi, quando sono fuori casa, mi sono vietati tantissimi piatti della tradizione e questo per me, che amo assaggiare e immergermi così nella cultura di ogni luogo che visito, diventa spesso una vera e propria tortura perché sono costretta a ripiegare su alternative magari non altrettanto appetitose. Fortunatamente i locali e i ristoranti sono sempre più informati su allergie e intolleranze ma, nel caso di una patologia che non accetta deroghe come la celiachia, spesso non sono attrezzati a fornire piatti privi di contaminazione e mi è capitato, alcune volte, di non stare troppo bene dopo aver cenato fuori. Mi è capitato anche di dover fare parecchi chilometri prima di trovare un ristorante senza glutine dove poter provare qualche pietanza del posto. La soluzione? Portare sempre con sé una piccola scorta di crackers, grissini, gallette e simili in modo da non restare a corto di carboidrati e poter fare aperitivi e cene serenamente scegliendo carne, pesce, verdura e frutta con tranquillità. Ho imparato che non bisogna aver timore di chiedere e che spesso, nelle cucine, si impegnano a trovare una soluzione anche se bisogna sempre usare il buonsenso: se vado in una pizzeria non certificata dove c’è farina ovunque difficilmente potrò avere una pizza, anche se fatta con farina senza glutine, non contaminata. Altro mito da sfatare, che tengo moltissimo a precisare, e che tutti i ristoratori chiedono: non esiste chi è più celiaco e chi meno. C’è chi manifesta in modo evidente l’intolleranza e chi non ha alcun sintomo apparente ma a livello intestinale il danno è identico quindi ogni celiaco ufficialmente diagnosticato va trattato con la medesima attenzione. In caso di viaggi lunghi e programmati cerco sul web e faccio una lista di tutti i posti dove posso mangiare tranquillamente, e se si trovano lungo il mio itinerario, in modo da avere qualche punto di riferimento. Quando sono sul posto mi aiuto direttamente con delle app create per localizzare negozi, ristoranti, bar e panetterie specializzate nel senza glutine. A volte ho avuto anche delle belle sorprese come a Matera, dove ho trovato un ristorante completamente gluten free proprio a pochi metri dal centro storico. Ultimo consiglio: cercate sempre di vivere il momento dei pasti in modo sereno e godetevi il momento. Magari non potrete mangiare proprio quello che desiderate ma di sicuro, con un pochino di pazienza, troverete qualcosa che fa al caso vostro.
C.M.:-Qualche tempo fa, leggevo un tuo articolo molto divertente, “Un sabato con-la-pizza”. La domanda viene spontanea, c’è un piatto della cucina italiana a cui sei più affezionata e a cui proprio non potresti rinunciare?
S.P.:- Assolutamente si. Nonostante io debba seguire una dieta rigorosamente senza glutine non rinuncio mai, e dico mai, alla pasta. Ovviamente ci sono paste di mais buonissime ma anche di quinoa, legumi, grano saraceno. La sfida interessante è sperimentare con i condimenti e capire gli abbinamenti migliori. Il mio condimento preferito? Ultimamente adoro la semplicità del sugo di pomodoro fresco e del pesto, rigorosamente fatti in casa. Un’altra cosa di cui ho scoperto esserne innamorata è la crema di pistacchio ma devo ancora trovare quella autentica per poterne fare scorta in dispensa.
C.M.:- Qual è la tua Ricerca del Gusto in viaggio?
S.P.:- Il Gusto in un viaggio è fondamentale, il modo per vivere pienamente il luogo che si visita: è il fritto degli street food, è il fumo delle grigliate, è l’odore del baccalà sotto sale al mercato, è la frutta raccolta nei campi, la focaccia mangiata in riva al mare, è il sugo corposo dei pici toscani, è la brioche ripiena di gelato, è l’aspro della granita al limone macinata fine, è il misto di aromi dentro la porchetta romagnola, è l’odore del pesce appena pescato, la mantecatura dei risotti autunnali, i sorsi di vino bevuti davanti ai panorami più belli. Viaggiare, per me, fa rima con assaporare ed è un piacere irrinunciabile.
C.M.:- Grazie ancora per la disponibilità. Ti lasciamo con una curiosità : Il cibo più strano che hai mangiato in viaggio è …
S.P.:- Come molti sanno la Sardegna è la mia seconda casa e ogni volta che ci torno ne approfitto per fare scorta di miele, ricotta di capra, erbe aromatiche e salsiccia secca. In questa regione gli anziani del paese producono ancora in casa un formaggio particolare che, con il progredire della stagionatura, invece che indurire diventa morbido all’interno. Il motivo è molto semplice: al suo interno si formano dei vermi di colore chiaro, avete letto bene, che trasformano il formaggio in una massa sempre più morbida e saporita a cui viene dato il nome di Casu Marzu. L’ho provato senza sapere cosa fosse e il gusto non mi ha particolarmente entusiasmata ma è una tradizione che mi fa sorridere e, nel caso siate dei temerari del gusto, è un assaggio che non può mancare nel vostro curriculum.