“:-Da quando il Ponentino non accarezza più la Città Eterna, si è persa la magia.” A parlare è un anziano dal viso vispo, seduto sugli scalini della Fontana dell’Acqua Paola, in piazza Trilussa. Mi spiega che la dolce brezza di mare è bloccata tra i muri di cemento di una città senza sonno o magari in coda sul Raccordo Anulare. In questo caldo weekend d’ottobre, sono tanti i turisti ed i romani che popolano le strade della Capitale. Le chiamano “ottobrate ” e solo nella città eterna questa parola ha un significato tangibile, che profuma di dolce vita. Tutto questo per dirvi che si è fatta ora di pranzo e farò visita alla vicina sede di “il Trapizzino”, brand ormai noto ai più, presente a Roma con ben sei sedi, ma anche a Milano, Firenze, Torino e New York. La storia del Trapizzino è nota: quel buontempone di Stefano Callegari, nato buon pizzaiolo e forte dei successi delle sue pizzerie Sforno, Sbanco e Tonda, ha la geniale idea di coniugare l’arte della pizza bianca con i piatti della tradizione romana. Facile a dirsi, direbbe qualcuno. Gli stessi che in questi anni hanno cercato di imitare il mitico “Trapizzino”, con risultati spesso discutibili. Nel cuore pulsate di Trastevere, la sede qui obbligatoriamente dedicata a Trilussa, già dall’insegna all’ingresso, mette in chiaro le sue velleità di vineria. Design neutrale e scaffali in legno alle pareti sorreggono una fitta trama di bottiglie di vino. Carta dei vini con scelte ponderate, in collaborazione con il sommelier Luca Boccoli, con più di centro proposte di etichette laziali, compresi vini biologici e biodinamici. Che sia per un pasto veloce o una serata speciale in compagnia, il bancone che domina il locale è il posto giusto dove vivere a pieno l’esperienza. Servizio garbato e pieno di umanità, degna di nota l’ottima conoscenza delle lingue del personale, imprescindibile a certi livelli.
Il menù è presto detto: Trapizzino nelle varianti classiche Pollo alla cacciatora, Parmigiana di melanzane, Polpetta al sugo e Alici e panna. Il Trapizzino speciale del giorno è alla Coda alla Vaccinara e Picchiapò. Tutti i neon sono accesi, la scelta si fa ardua. Opto per il Trapizzino Polpetta al sugo e nell’attesa mi faccio tentare da un supplì classico che arriva in un battito di ciglia.
Caldo, non bollente, non preparato all’istante ma la frittura risulta asciutta e la panatura croccante. Al morso è melodia, mentre il gusto esplode lentamente, senza note stonate.
E adesso arriva lui… (semicit.): per una questione di gestione, ho dovuto addentare per prima la polpetta, di dimensioni commoventi. Saporita, quasi impercettibile l’acidità del pomodoro. Ho apprezzato il lieve sentore di cipolla e prezzemolo. La polpetta di carne macinata di manzo (non troppo magra) è ben amalgamata con la mollica di pane e il pangrattato. Ma il boccone più godurioso è il matrimonio perfetto tra pizza bianca, croccante all’esterno per la doppia cottura e soffice all’interno e la salsa. Una “scarpetta” sapientemente rivisitata, non c’è dubbio su questo. Prezzo/qualità offerta davvero soddisfacente (siamo sui 10€, compresi coperto e un ottimo calice di vino rosè, consigliato dall’oste). Piccola parentesi: dietro il successo di “Trapizzino” c’è un ottimo lavoro di “storytelling”, che dovrebbe essere approfondito da chiunque si approccia al modo della ristorazione. La vendita del prodotto “Trapizzino” avviene attraverso una narrazione che conquista una quota di memoria affettiva nell’interlocutore. Certo, la qualità del prodotto è fondamentale, ma siete davvero sicuri che basti per avere successo? La Ricerca del Gusto continua… Anche su Instagram!
2019-10-12