Per parlavi del Melograno, partiamo da un dubbio amletico che ci e vi (lo sappiamo, non fate finta di niente!) affligge dai tempi delle scuole elementari: per indicare il frutto, si dice melograno o melagrana? Risposta, direttamente dall’Accademia della Crusca: “Melagrana, melograno, mela granata, melo granato, pomo granato…: il frutto dell’abbondanza sovrabbonda di nomi”. E se ve lo dice anche la prestigiosa Accademia, che comunque la chiamate, non sbagliate mica, vi resta solo da scoprire le sue origini, le sue proprietà nutrizionali e magari anche una ricetta, facile e gustosa, da preparare. A questo ci pensiamo noi: Buona lettura con le “Cinque cose che non sai su… il Melograno”.
- Il Melograno è una specie di origine mediorientale, infatti il suo mega-centro primario di origine corrisponde agli attuali territori dell’Afghanistan e l’attuale Iran. Terre in cui, tutt’oggi, la coltura del melograno è molto diffusa. Molto diffuso ed apprezzato dalle antiche civiltà dei persiani, egizi, persiani, fenici e romani. Ed è proprio nel periodo dell’Impero Romano che questa coltura inizia a diffondersi nel bacino del Mediterraneo (Turchia, Nord Africa, Italia, Grecia, Spagna). Nel corso dei secoli ha trovato terreno fertile anche nella zona caucasica (Armenia, Giorgia) e nell’Asia centro-orientale (India, Cina, Giappone, Turkmenistan) e più recentemente in Nord e Sud America, Australia e Sudafrica.
- La coltivazione del melograno è incominciata migliaia di anni fa, insieme alle colture di grano, olive, vite e palme da dattero. A testimonianza, la presenza di queste colture in molti testi sacri (Bibbia, Corano, Vangeli). Simbolicamente, il frutto è sempre stato associato alla fertilità, alla fecondità e all’abbondanza e alla ricchezza. Sembra che sia di buon auspicio, mangiarlo il primo dell’anno. In molti antichi scritti, di epoca romana e greca, il melograno è spesso citato. Ippocrate, considerato padre della medicina, ne metteva in risalto le sue proprietà e virtù, anticipando, di alcuni millenni, le moderne ricerche scientifiche in campo medico-farmacologico. Molti autori greci ne fanno riferimento come frutto per il passaggio dell’Ade (dono di Ades e Persefone).
- Plinio riporta che la melagrana era comunemente nota come “Mela di Cartagine“, da cui il nome scientifico Punica, cioè dei Punici. Nel suo “Naturalis Historia” racconta quante varietà erano nota, riconoscibili dal gusto più dolce o più aspro o dalla presenza o meno dei semi. Le melagrane avevano grande consumo fresco, durante la stagione invernale, ma venivano anche adoperate per colorare i tessuti, come suggerito dalla notevole quantità di melegrane, ritrovate nell’antica villa di Lucius Crassius Tertius ad Oplontis, vicino Pompei.
- La melagrana è spesso considerata un “superfood”, vi spieghiamo perché: Contiene soli 70 kcal, per 100g. di parte edibile. Mangiando melegrane si fa incetta di antiossidanti, essendo ricco di vitamina C e di fenoli (tra cui l’acido gallico, granatina, punicalina e delfinidina) e altri ellagitannini particolarmente efficaci contro i radicali liberi. Menzione speciale per l’acido punico, che riprende il nome scientifico del frutto Punica granatum, su cui ci sono molti studi che attestano la sua efficacia come inibitore del cancro al seno. Ricco di vitamina C, K (importante per i bambini), ma anche B, A ed E. Davvero una bomba!
- Concludiamo in dolcezza con la ricetta della confettura di melagrana, ideale da abbinare con i formaggi. Ingredienti e preparazione:
Confettura di Melograno
2 litri e mezzo, circa di succo di melagrana
2 Mele
1 limone
500 g zucchero semolatoTagliare la calotta superiore e inferiore del frutto, per facilitare la divisione in quattro spicchi. In una ciotola piena di acqua, sgranare gli spicchi, facendo attenzione ad eliminare eventuali residui. Estrarre il succo (va benissimo l’utilizzo di un frullatore). Versare il succo ottenuto in una pentola capiente e aggiungere le mele sbucciate e tagliate a piccoli pezzi. Aggiungete il limone e lo zucchero, mescolando con cura. Armatevi di pazienza e fate cuocere il tutto per un’ora circa, facendo attenzione a mescolare di tanto in tanto. Dopo la cottura, consigliamo di frullare il tutto con un mixer ad immersione che la renderà più cremosa. Volete una marmellata più densa? Continuate la cottura per almeno altri 45 minuti, a fuoco basso.