Negli ultimi anni (e prevedo sempre più nei prossimi, post-pandemia) abbiamo assistito alla riscoperta dei vitigni legati al territorio, quelli importanti come quelli più rari, che hanno prodotto, in sinergia con turismo e gastronomia, un valore economico importante. Un patrimonio culturale e storico di una regione o di un territorio che va tutelato, per conoscere usi e costumi di un popolo. Se ci pensate, quanti dei vitigni oggi scomparsi avevano un ruolo importante nelle produzioni del passato, o modi speciali di essere coltivati e utilizzati?
Economico, storico e non tralasciamo il valore del patrimonio biologico che hanno i vitigni rari e in via di scomparsa. Nel particolare, in quest’articolo facciamo un salto in Puglia, con i suoi 80.000 ettari a vigneto da vino, ed un ruolo da protagonista per quanto riguarda l’assortimento varietale, con una cinquantina di vitigni coltivati per più di 150 ettari e numerosi altri di minore importanza, che ha nel Primitivo, protagonista di quest’articolo, il suo vitigno “principe” per diffusione.
Una storia intrigante quella del Primitivo, che accomuna popoli di latitudini, usi e costumi differenti tra loro e un mistero sulla sua origine geografica ancora con tante domande in cerca di risposta.
Ma andiamo per gradi. Dove è nato il Primitivo? Gli studiosi si interrogano da decenni, avanzando ipotesi spesso smentite da altri studi in merito. Di certo, forti dei documenti che sono giunti fino ai giorni nostri, possiamo attribuire al “Primicerio” Don Francesco Filippo Indelicati di Gioia del Colle (BA), la paternità del nome. Nell’esaminare i vitigni, che alla rinfusa si coltivavano in alcuni vecchi vigneti del territorio, notò che un vitigno si adattava meglio degli altri, alle terre “rosse” della zona, offrendo un prodotto di qualità, abbondante e precoce. Ed è proprio per via della precocità di maturazione del frutto che chiamò quel vitigno “Primativo“. Questo aneddoto tuttavia non svela le origini di un vitigno dal carattere cosmopolita. Non si può non escludere che il Primitivo fosse anche coltivato prima al di fuori di Gioia del Colle sotto un altro nome. I tratti salienti del Primitivo sono stati riconosciuti su vitigni nella zona di Terlizzi (Ba), Salento e Campania, dove un vitigno chiamato Zagarese (forse da Zagabria) rimanda a possibili origini croate. A Nord di Spalato, nella località di Kaštela, sono state ritrovate alcune piante di vitigno “Crljenak”, che le analisi molecolari hanno dimostrato essere identico al Primitivo. Appurati i legami tra Puglia e Balcani, il viaggio non finisce qui: nell’Ottocento, un suo sinonimo, il “Zinfandel”, viene introdotto negli Stati Uniti, dai giardini imperiali di Vienna, dove erano conservati tutti i principali vitigni del regno austro-ungarico. Oggi è il rosso più importante della California, considerato patrimonio della cultura viticola-enologica della regione. Appurato che Primitivo, Zinfandel, Crljenak siano sinonimi della stessa varietà, ma dove è nato questo vitigno? Una domanda che ancora oggi non ha risposta certa. I forti legami commerciali, politici ed economici tra Puglia e Balcani che legano da sempre le due sponde dell’Adriatico, hanno dato vita, di conseguenza, ad una massiccia migrazione di materiali, nei due sensi, rendendo difficile e ancora incerta, l’origine geografica dei molti vitigni coinvolti. Mi piace pensare che ne abbia guadagnato il gusto, “misterioso” eppure a proprio “agio” in tutto il mondo. Il Primitivo, attualmente, rientra nei disciplinari di tutte le IGP della Regione Puglia, di cinque DOP della stessa regione (Gravina, Primitivo di Manduria, Colline Joniche Tarantine, Gioia del Colle, Terra d’Otranto), e di una DOCG (Primitivo di Manduria Dolce Naturale).
2021-10-16