Quando parliamo di esempi gastronomici iconici ed emblematici, come la parmigiana, la lasagna o la carbonara, talmente radicati nella cultura di un popolo da diventare rappresentativi di un’identità, è inevitabile che si creino diatribe e contrasti per rivendicarne la proprietà, l’appartenenza quanto meno un riconoscimento in tal senso. La protagonista dell’ennesima lotta “all’ultima forchetta” è la caponata, una gustosa pietanza a base di melanzane fritte, pomodoro, olive e capperi dal caratteristico sapore agrodolce che si può gustare in ogni dove nella bella isola di Sicilia.
Per i siciliani la caponata è una cosa seria: da Palermo a Catania si sfidano da una costa all’altra a colpi di melanzana, per aggiudicarsi il primato.
In realtà esistono moltissime varianti e rivisitazioni di questo piatto – se ne contano almeno una trentina – che oggi viene servito come antipasto o come contorno, ma che nel ‘700 rappresentava un piatto unico accompagnato dal pane. La cucina di casa italiana ha radici molto profonde e la sua biodiversità è un tesoro che dobbiamo continuare a sostenere e preservare.
E allora scopriamo insieme le 5 cose (+ una) che non sapevi su: La caponata.

1) Perché la caponata si chiama così?
Sia che derivi dalla salsetta utilizzata per conservare per poco tempo la cacciagione, fra cui il cappone, ingrediente che definiva tutte quelle preparazioni capponate, sia che si riferisca all’agro-dolce che condiva la lampuga tagliata a pezzi, pesce che in dialetto chiamiamo capone, da qui si spiegherebbe il nesso capone-caponata.

2) Il passato “nobile”
Sebbene la caponata sia considerato un cibo della tradizione “povera” , diffuso tra le famiglie contadine era anticamente preparato per le famiglie più abbienti.
Il “capone” citato poc’anzi, era un pesce della famiglia dei tonni ricercato pere sue carni pregiate, che veniva servito con salsa agrodolce sulle tavole degli aristocratici. I contadini, non potendosi permettere un piatto così costoso; avrebbero sostituito il pesce con le melanzane, molto più economiche!

3) Un po’ dolce un po’ acre
La preparazione dei cibi in agrodolce, prevede la creazione di una salsa con aceto, zucchero e sale, considerati conservanti naturali È una tecnica molto antica che risale addirittura ai tempi dei Romani, ben prima della diffusione del frigorifero!
L’aceto abbassando il pH dei cibi, inibisce lo sviluppo di quei microrganismi patogeni detti basofili, cioè che mal sopportano gli ambienti acidi.
Lo zucchero agisce allo stesso modo del cloruro di sodio (sale) : penetra nei tessuti e disidrata l’alimento creando un ambiente sfavorevole alla crescita di alcuni batteri.
In questo modo si consentiva una più lunga conservazione di cibi rispetto ad altri generi di cottura, soprattutto nel periodo estivo.

4) La sorellastra: La peperonata
Due le scuole di pensiero nell’isola: nel catanese si concepisce il piatto come un insieme di verdure, tra cui peperoni e patate, oltre alle melanzane e pomodori ovviamente, fritte separatamente e poi condite con la salsa agrodolce magari con aggiunta di pinoli.
Mentre sulla costa occidentale, a Palermo e Trapani, si usano esclusivamente melanzane, pomodoro, capperi, olive (sempre in salsa agrodolce) con aggiunta di mandorle e basilico fresco. Più un ingrediente segreto, spesso utilizzato per bilanciare tutti i sapori donando un contrasto amaro: una spolverata di cacao!

5)Non una melanzana qualunque
A prescindere dalle scuole di pensiero tutti concordano su un fatto: la melanzana utilizzata per la caponata è quella oblunga e soda, detta anche la “violetta di Palermo”. Questa melanzana ha una consistenza meno spugnosa di quella tonda, e una polpa densa e compatta, perfetta perché non assorbe troppo olio durante la frittura e non lo rilascia una volta cotta, evitando così l’effetto super unto.

Curiosità: La caponatina siciliana è tra i piatti preferiti del mitico commissario Montalbano e il più citato nei romanzi di Camilleri. Ricordiamo che il modo migliore per assaporare questo capolavoro culinario è aspettando il giorno dopo per lasciarla “riposare” ed è preferibile mangiarla fredda o comunque a temperatura ambiente per gustare appieno la ricchezza dei suoi ingredienti.

Riuscirete a resistere alla tentazione per almeno 24 ore?

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