Per gli italiani la Pasqua (come ogni altra festa comandata d’altronde) significa tradizione.
Riunirsi in famiglia e condividere quei cibi simbolici che sono parte della nostra storia gastronomica. Che sono parte di noi.
Oggi abbiamo deciso di omaggiare colei che è considerata la regina dei dolci Pasquali, specialmente nella tradizione partenopea. Ed è in quella terra di sole, mare e grano buono che la Pastiera ha avuto origine, in tutto il suo splendore.
Costituita da un “guscio” solido e fragrante di pasta frolla, un cuore morbido e cremoso a base di uova, ricotta e grano , con le sue sfumature caramello e il suo profumo inconfondibile di fiori d’arancio e cannella è un esplosione di sapori ad ogni morso. E di ricordi.
Talmente buona da scatenare rivalità tra famiglie, ognuna delle quali rivendica il possesso della vera ricetta originale! ( A noi vanno bene tutte, non litigate).
Ma quanti di voi conosco le molte storie e curiosità che si narrano su questo dolce?
Noi abbiamo deciso di riassumere le più significative e svelarvi “Cinque cose che non sai su…La Pastiera Napoletana!” 

  1. Le strisce
    Quante strisce deve avere la pastiera napoletana? La risposta è 7 ma non c’è una vera e propria “regola”. Sicuramente devono disporsi a formare dei rombi in superficie.
  2. Il mito pagano
    Facciamo un salto in epoca Romana, quando si venerava la dea Partenope, la sirena dalla voce melodiosa che scelse il Golfo di Napoli come dimora. Per celebrare la divinità la popolazione organizzava un vero e proprio cerimoniale, portando al suo cospetto 7 doni :
    la farina e i chicchi di grano, simbolo di ricchezza, la ricotta simbolo di abbondanza, le uova che rimandano alla fertilità, le spezie per invocare forza e vigorosità, lo zucchero dolce come il canto della dea, i fiori d’arancio e altri agrumi, ad evocare il profumo della terra campana. Partenope gradí i doni a tal punto che rese grazie mescolandoli e creando così questo dolce unico.
  3. Le origini
    Leggende a parte sappiamo con certezza che la Pastiera, per come la conosciamo oggi, nacque più tardi, nel XVI secolo circa. E furono le suore del convento di San Gregorio Armeno, abili pasticcere, a creare per la prima volta questo prodigioso dolce, il cui profumo paradisiaco, che si spandeva per i vicoli della città, testimoniava la presenza del Signore durante le celebrazioni della Santa Pasqua.
  4. Amore a prima vista
    Si racconta che anche la “musona” Maria Vittoria d’Austria, consorte del goloso Re Ferdinando di Borbone, non sia riuscita a resistere alla sua bontà. Conosciuta come “la regina che non ride mai”, quando il re le fece preparare questo dolce a corte, riuscì a strapparle un sorriso e colmo di gioia esclamò: “Ci voleva la pastiera per fare sorridere mia moglie! Mi toccherà aspettare la prossima Pasqua”.
  5. Il ruoto
    Canditi o no, ricotta di pecora o vaccina, burro o strutto…le variazioni del tema sono molteplici.
    Ma se c’è una certezza quella è che la pastiera va cotta e servita nel RUOTO, la tipica tortiera in alluminio dai bordi lisci e leggermente svasati alta 3-5 cm. I ruoti più antichi arrivavano anche a 10 cm e oltre, per preparare delle pastiere di gran lunga più abbondanti!
    Ora che il nostro viaggio è giunto a termine, correte a mangiare una fetta di questa meravigliosa creazione e lasciate che vi trasporti in un viaggio mistico, cullati dalle onde del mare e dalla voce di Partenope.

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